DICHIARAZIONE DI PSEUDOPOETICA


E' ormai da qualche anno che mi adopero nel tentativo di praticare svariate forme di scrittura poetica eterodossa, le cui finalità più esplicite si risolvono nello stigmatizzare le potenzialità ludiche ed estetiche della parola in quanto significante.

Nelle ricognizioni che cerco di mettere in atto, negli spazi nebulosi del verso, mi riservo spesso di accordare al significante un primato sul significato: questo nella convinzione che proprio nell'articolazione di fonemi e grafemi - al di là del prodotto semantico delle loro combinazioni - risieda la possibilità di investire le strutture profonde del linguaggio.

In tal senso ho contratto un debito, forse inestinguibile, con alcune esperienze storiche quali la poesia metalogica, la poesia concreta e la poesia visiva.

A prescindere però dalle ascendenze culturali, ritengo che il coefficiente di contemporaneità di chi voglia tracciare oggi un percorso di ricerca poetica sia da reperire nella precisa consapevolezza della progressiva scomparsa della poesia come forma di espressione estetica autonoma.

Vorrei, altrimenti detto, che la registrazione della latitanza del cosiddetto "lettore di poesia" si accompagnasse alla deduzione dell'inattualità di una poesia che si pretenda autoreferenziale, quando sarebbe invece auspicabile, da parte di chi sceglie di scrivere poesia, un atteggiamento del tutto volto al confronto con altri linguaggi e moduli espressivi.

Tale prospettiva si dovrebbe intendere come strategia funzionale a proiettare il verso al di fuori dei limiti imposti dalla stampa su supporto cartaceo - la "Galassia Gutemberg" - che tuttavia rappresenta ancora, in tempi di archiviazione digitale globale, uno strumento di documentazione non trascurabile.

Lungi dal relegare la poesia ad una rassegnata posizione di subordine, si tratterebbe infine di cogliere in un ampio spettro di discipline (dall'installazione artistica all'elaborazione grafica, dalla composizione musicale alla performance parateatrale) sostegni necessari alla dilatazione e al potenziamento di quei valori fonosimbolici la cui produzione si rivela essere - a conti fatti - proprio di pertinenza specifica di quel linguaggio che vogliamo ostinatamente continuare a chiamare "poesia".

Jean-Claude Oberto